Ruggire non è questione di forza, ma di intensità. Parola di Ryan Karazija
Possiamo dunque andare leggeri, e se abbiamo bisogno di
ruggire, lo possiamo fare piano. Lo possiamo fare anche se non siamo leoni,
anche se siamo solo degli innocui, silenziosi, malinconici cervi.
Si erge così dal nulla, elegante e discreto il progetto Low Roar di Ryan Karazija, giovane autore di un album omonimo marchiato Islanda, che usa dosaggi minimi per unire acustico ed elettronico, mettendoci una voce che ricorda a volte Tom York, a volte i Sigur Ros, a volte qualcun altro che non ti viene.
Canzoni impalpabili, che possono chiamarsi tali solo perché c’è un testo, una voce, un ritornello. Altrimenti era facile parlare di electro-ambient, musica d’atmosfera, o che so io. I pezzi si susseguono nitidi, trovano il loro corso in un crespuscolo, sembrano creature digitali ma vengono dall’artigianato. Ce lo dice già la copertina, bucolica e campestre: un cervo che “ruggisce”, e sortisce lo stesso effetto che avrebbe un leone: far volare via gli uccelli. E quel Low Roar col pennarello rosso.
Si erge così dal nulla, elegante e discreto il progetto Low Roar di Ryan Karazija, giovane autore di un album omonimo marchiato Islanda, che usa dosaggi minimi per unire acustico ed elettronico, mettendoci una voce che ricorda a volte Tom York, a volte i Sigur Ros, a volte qualcun altro che non ti viene.
Canzoni impalpabili, che possono chiamarsi tali solo perché c’è un testo, una voce, un ritornello. Altrimenti era facile parlare di electro-ambient, musica d’atmosfera, o che so io. I pezzi si susseguono nitidi, trovano il loro corso in un crespuscolo, sembrano creature digitali ma vengono dall’artigianato. Ce lo dice già la copertina, bucolica e campestre: un cervo che “ruggisce”, e sortisce lo stesso effetto che avrebbe un leone: far volare via gli uccelli. E quel Low Roar col pennarello rosso.
Siamo a casa. Musica fatta in casa, e non di rado
a casa. Non un disco che dà lo choc, né che sorprende a tutti i costi, ma
capace di imporsi. Non resterà nei mirabilia dei nostri scaffali, forse, non
per tutti almeno, e richiede le accortezze spesso invise a chi cerca musica
facile: abbandono e ascolto.Siamo al Nord.
Ma c’è anche la chitarra
acustica: quella di Rolling Over anticipa una ballata semplice e bella, scarna
solo apparentemente. Le sfumature vanno da una viola a un pianoforte leggero, c’è
l’ombra di un organo, di un sinth, persino di fiati e trombe.
La delicatezza ci
sfiora anche con The Painter, che si gioca intorno ad un arpeggio di chitarra,
strofe semplici e dei cori in lontananza che fanno da eco ad una eco che è già
un po’ la cifra del disco. E ancora acustica è Friends Make Garbage, nettamente
zona Radiohead di qualche tempo fa: lirica, reminiscenza pura, immobile nella
sua sottile variazione.
A scombinarci il sogno, Puzzle, più ruvida. Poi ecco
Tonight, Tonight, Tonight.
Metti
una sera che segue una giornata di eccessivo rumore. Il nostro ruggito lo
possiamo lanciare lo stesso. Un ruggito silenzioso. Questo è Low Roar.
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