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Cloud Cult - Feel Good Ghosts

Diego Roma Filed Under:
Craig Minowa e il collettivo della contaminazione

Cloud Cult - Feel Good Ghosts
Da Pitchfork Media conosco con un dodicennio di ritardo i Cloud Cult, di Minneapolis, Craig Minowa in testa, compositore e cantante, Connie Minowa sua moglie, in veste di Visual Art. E poi musicisti reclutati nel tempo fino a giungere ad una band da sei, tutti polistrumentisti, dunque in grado di suonare violino e violoncello, synth e batteria, basso e trombone, e così via. Acustico, elettrico, sintetico, minimale, fragoroso, questo è il suono del Cloud Cult, sono delle prove prodigiose, di autentica scuola indie.

Intanto una registrazione in studio, giusto per capire.



Lo studio di registrazione che avete appena visto è alimentato con un generatore geotermico e da pannelli solari. Fanno booklet con inchiostro non nocivo, piantano alberi sulle terre americane in base alle emissioni di Co2 dei loro tour. Si guardano bene dalle richieste delle major e si autoproducono con etichetta dal nome Earthology (Sic!).

Non ci soffermeremo sulle vicende biografiche della coppia Minowa, che pure contengono elementi dolorosi (per chi volesse, può approfondire sulle bios presenti nel Sito Ufficiale) bensì sulla musica. Potreste incontrare i Flaming Lips ma anche Bright Eyes, gli Arcade Fire ma anche i Modest Mouse, Sparklehorse ma anche Grandaddy. Forse gruppi come i Flotation Toy Warning, anche se inglesi, hanno ascoltato a lungo i Cloud Cult. E così di questo passo.

Insomma, a breve è uscito il nuovo LP Feel Good Ghosts (Tea Partying Through Tornadoes), che è il sesto di una lunga serie ed è un lavoro magistrale. Ho avuto modo di sentire anche il precedente The Meanings of 8, altrettanto entusiasmante. Da neofita posso dire che sono dischi complessi, dalle melodie sofisticate e corali, non di rado hanno cuscini elettrici e ritmiche frammentate, ci sono contaminazioni elettroniche ovunque e voci femminili, commoventi aperture di archi e urla disperate, ma anche pop songs sbarazzine e ironiche, piene zeppe di cose. L'ingrediente principale, nonostante il fragore strumentale, mi sembra una non estinguibile malinconia.

A onor della sintesi, di cui non sono capace, mi fermo qui. Anzi qui.

Buon ascolto.

FONTI:
Pitchfork Media
Sito ufficiale
Myspace
Earthology