Viaggio nel cangiante
E'uscito l'album di DM Stith, Heavy Ghost. La canzone come preghiera, la canzone come racconto, la canzone come lamento, favola e profezia. I primordi canori dell'anima sbattuta tra climax e catarsi, che s'opprime e poi si libera, si incolpa e si discolpa, tra deliri pagani e austerità gotica.
Diavolerie, tritoni in veste di "diabolus in musica", ululati notturni e dolorosi, inquietudini provenienti da mondi sconosciuti, arpeggi scompigliati di un'anima che si interroga quando forse è troppo tardi. Sembra di stare in un girone dantesco a sentire Pity Dance, e forse è tutto qui il senso di Heavy Ghost: un viaggio tra fantasmi terribili, fantasmi invadenti, fantasmi grevi, fantasmi beffardi e pieni di ironia, a volte dolci ma che sempre ci trascinano senza tregua nell'epoca che ha mandato in frantumi le certezze.
DM Stith affascina in questo modo. Il suo è un approccio classico alla musica. Compone, costruisce, smonta e ricompone, assembla e rende tutto orchestrale. Rumori, battiti di mani, cincaglierie tribali, antiche danze, sinth, orazioni sciamaniche, cantautorato. Tutto. I paesaggi emergono aiutati da una fredda e algebrica elettronica, da chitarre che sembrano rimaste in Provenza, da una voce paragonabile ad un Antony Hegarty caduto dall'idillio e straziato da un De Profundis, da una miriade di suoni presi chissà dove. Si immaginano esodi, maledizioni bibliche, traversate, sacrifici di donne. Si immaginano strani uccelli, nuvole cangianti, distese chiaroscure.
Onirico e delirante, questo album smuove qualcosa di più del nostro orecchio avvezzo alla distrazione. Sono i nostri tempi decadenti e decaduti, raccontati da un aedo. Qualche spiraglio si avverte in Pigs, canzone piena di acquosi fruscii campestri e rumoretti giocosi. Poi compare Thanksgiving moon, ballata dolceamara, corale, paradisiaca, quasi, se paragonata alle atmosfere di Stith. Le canzoni sono litanie, canti gospel, oscuri presagi di un mondo complesso, la liturgia che conserva il magico e l'inviolabile e annuncia apocalissi quotidiane, visioni, epifanie vissute nel silenzio dei propri segreti.
Sono volubili le fate di DM Stith, sono mutanti gli orizzonti, ma l'arte consente di immergersi nel piacere dell'ascolto, nel distacco dell'esperienza estetica, nell'antica pratica teatrale che dice: accade l'orrore, si aspira all'altezza, ma io sono spettatore e non personaggio. Per fortuna.
Ascolta:
Just Once
Thanksgiving Moon
Be My Baby
FONTI
Sito Ufficiale (con musica)
Myspace
Etichetta (con musica)
E'uscito l'album di DM Stith, Heavy Ghost. La canzone come preghiera, la canzone come racconto, la canzone come lamento, favola e profezia. I primordi canori dell'anima sbattuta tra climax e catarsi, che s'opprime e poi si libera, si incolpa e si discolpa, tra deliri pagani e austerità gotica.
Diavolerie, tritoni in veste di "diabolus in musica", ululati notturni e dolorosi, inquietudini provenienti da mondi sconosciuti, arpeggi scompigliati di un'anima che si interroga quando forse è troppo tardi. Sembra di stare in un girone dantesco a sentire Pity Dance, e forse è tutto qui il senso di Heavy Ghost: un viaggio tra fantasmi terribili, fantasmi invadenti, fantasmi grevi, fantasmi beffardi e pieni di ironia, a volte dolci ma che sempre ci trascinano senza tregua nell'epoca che ha mandato in frantumi le certezze.
DM Stith affascina in questo modo. Il suo è un approccio classico alla musica. Compone, costruisce, smonta e ricompone, assembla e rende tutto orchestrale. Rumori, battiti di mani, cincaglierie tribali, antiche danze, sinth, orazioni sciamaniche, cantautorato. Tutto. I paesaggi emergono aiutati da una fredda e algebrica elettronica, da chitarre che sembrano rimaste in Provenza, da una voce paragonabile ad un Antony Hegarty caduto dall'idillio e straziato da un De Profundis, da una miriade di suoni presi chissà dove. Si immaginano esodi, maledizioni bibliche, traversate, sacrifici di donne. Si immaginano strani uccelli, nuvole cangianti, distese chiaroscure.
Onirico e delirante, questo album smuove qualcosa di più del nostro orecchio avvezzo alla distrazione. Sono i nostri tempi decadenti e decaduti, raccontati da un aedo. Qualche spiraglio si avverte in Pigs, canzone piena di acquosi fruscii campestri e rumoretti giocosi. Poi compare Thanksgiving moon, ballata dolceamara, corale, paradisiaca, quasi, se paragonata alle atmosfere di Stith. Le canzoni sono litanie, canti gospel, oscuri presagi di un mondo complesso, la liturgia che conserva il magico e l'inviolabile e annuncia apocalissi quotidiane, visioni, epifanie vissute nel silenzio dei propri segreti.
Sono volubili le fate di DM Stith, sono mutanti gli orizzonti, ma l'arte consente di immergersi nel piacere dell'ascolto, nel distacco dell'esperienza estetica, nell'antica pratica teatrale che dice: accade l'orrore, si aspira all'altezza, ma io sono spettatore e non personaggio. Per fortuna.
Ascolta:
Just Once
Thanksgiving Moon
Be My Baby
FONTI
Sito Ufficiale (con musica)
Myspace
Etichetta (con musica)
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