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Giorgio Canali e Rossofuoco in concerto a Itri

Diego Roma Filed Under: Etichette: , ,
L'ex CCCP con la sua band al Museo del Brigantaggio il 23 dicembre


Quello che vi raggiunge già in questi istanti di lettura, è il fumo di un suono che “puzza di elettricità”, quello che emana dalla fucina di un grande artista, che di nome fa Giorgio Canali. Lo conoscete e non solo per quel colore “Rossofuoco”, tramutato nell’ispanico Rojo del suo ultimo disco. Lo conoscete perché la lunga scia rovente parte da lontano. Dai tempi in cui suonare sul palco voleva dire costruire la storia. Chitarrista dei CCCP di Giovanni Lindo Ferretti, fedele alla linea quando le epoche cambiano, trasformando la geografia estetica della band in CSI e poi in PGR.


Cosmo Jarvis - Is The World Strange or Am I Strange? (2011)

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L'arma della provocazione travestita da pop


Cosmo Jarvis fa bene a chiamarsi così. Il suo è un cosmo di generi, che gravitano tutti intorno al pop e ci si sposano perfettamente. E ci intravediamo a volte il reggae, a volte la world music, a volte addirittura il rap, il funk e il punk rock. Sì, il punk. Non è uno scherzo. 


Cosmo Jarvis nelle sue canzoni mette tutto nel frullatore. Diverte e si diverte, crea movimento, si avventura in giri orientaleggianti, sicuro come un treno, e ci regala un disco completo, vivo, intrigante dall’inizio alla fine. Il titolo è tutto un programma: Is The World Strange or Am I Strange? A primo acchito diremmo: la seconda che hai detto. Ma visto come volgono le cose del mondo potremmo anche ripensarci. No, non è Cosmo lo strano.





Semmai è il mondo che si adegua a fatica. Lui fa il suo lavoro di giovane talentuoso, attore, polistrumentista, compositore, insomma un portento che tira fuori le chitarre quando serve, scatena putiferi, ma sa dove sta il segreto irrinunciabile della melodia. Sicuramente un album da tenere nello scaffale. 

A volte vestito di bianco e con papillon come fosse ad una festa elegante anni ’50, altre con piumino e cappuccio. Un trasformista, animale da palcoscenico, estroso e assolutamente imprevedibile, fa arrivare i suoni fino ai ritmi latini, ma sempre mischiati con il pop rock all’americana. Una roba da pazzi insomma. Ma andate pure a leggere la sua biografia sul sito Internet, ascoltate qualcosa del Cosmo-mondo. E un ragazzo che non delude. E’ uno che ha tutta l’aria di godere di più quando trova qualcuno che lo provoca. Ecco, la provocazione, questo è Cosmo Jarvis.


Low Roar - Low Roar (2011)

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Ruggire non è questione di forza, ma di intensità. Parola di Ryan Karazija

 

Possiamo dunque andare leggeri, e se abbiamo bisogno di ruggire, lo possiamo fare piano. Lo possiamo fare anche se non siamo leoni, anche se siamo solo degli innocui, silenziosi, malinconici cervi.

Si erge così dal nulla, elegante e discreto il progetto Low Roar di Ryan Karazija, giovane autore di un album omonimo marchiato Islanda, che usa dosaggi minimi per unire acustico ed elettronico, mettendoci una voce che ricorda a volte Tom York, a volte i Sigur Ros, a volte qualcun altro che non ti viene.

Canzoni impalpabili, che possono chiamarsi tali solo perché c’è un testo, una voce, un ritornello. Altrimenti era facile parlare di electro-ambient, musica d’atmosfera, o che so io. I pezzi si susseguono nitidi, trovano il loro corso in un crespuscolo, sembrano creature digitali ma vengono dall’artigianato. Ce lo dice già la copertina, bucolica e campestre: un cervo che “ruggisce”, e sortisce lo stesso effetto che avrebbe un leone: far volare via gli uccelli. E quel Low Roar col pennarello rosso. 


 
Siamo a casa. Musica fatta in casa, e non di rado a casa. Non un disco che dà lo choc, né che sorprende a tutti i costi, ma capace di imporsi. Non resterà nei mirabilia dei nostri scaffali, forse, non per tutti almeno, e richiede le accortezze spesso invise a chi cerca musica facile: abbandono e ascolto.Siamo al Nord.
 
Ma c’è anche la chitarra acustica: quella di Rolling Over anticipa una ballata semplice e bella, scarna solo apparentemente. Le sfumature vanno da una viola a un pianoforte leggero, c’è l’ombra di un organo, di un sinth, persino di fiati e trombe. 
 
La delicatezza ci sfiora anche con The Painter, che si gioca intorno ad un arpeggio di chitarra, strofe semplici e dei cori in lontananza che fanno da eco ad una eco che è già un po’ la cifra del disco. E ancora acustica è Friends Make Garbage, nettamente zona Radiohead di qualche tempo fa: lirica, reminiscenza pura, immobile nella sua sottile variazione. 
 
A scombinarci il sogno, Puzzle, più ruvida. Poi ecco Tonight, Tonight, Tonight
 
Metti una sera che segue una giornata di eccessivo rumore. Il nostro ruggito lo possiamo lanciare lo stesso. Un ruggito silenzioso. Questo è Low Roar.

Low Roar
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Marketa Irglova - Anar (2011)

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 Non si sarebbe risvegliato facilmente questo blog. Né avremmo disturbato il sabato se non fosse stata quasi un'impellenza. L'impellenza si chiama Anar, è l'album di debutto della 23enne Marketa Irglova, musicista ceca già membro dei Swell Season di Glen Hansard. 

Talmente giovane, la Irglova, che fino ad ora era stata la sua canzone Falling Slowly, cantata con Hansard nel film indipendente in cui i due sono anche protagonisti, Ones, a darle lustro: Marketa è la prima donna ceca, e in ogni caso la più giovane, a vincere un premio Oscar per la musica da film.

Oggi riusciamo a capire perché. Anar è un album bellissimo. Fate attenzione a muovervi con prudenza in mezzo a una delicatezza, un'umiltà, una poesia che rischiano di travolgervi. Bella la voce, ma è la musica il senso della melodia, l'originalità degli arrangiamenti, con le percussioni ridotte al minimo e suonate anche con le mani, il pianoforte declinato in mille narrazioni, che costruiscono quadretti suggestivi, intensi, colorati e genuinamente emozionanti. 


Un lavoro notevole, dunque, aperto a mille suggestioni, che indica in questa giovanissima cantautrice classe '88 un vero e proprio talento. Il consiglio è quello di non farselo scappare, di assaporarlo senza pregiudizi, magari anzi concedendogli tutto lo spazio necessario per infilarsi nelle pieghe della vostra anima. Non deluderà.

Comma ammazza-blog: un post a Rete unificata #noleggebavaglio

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Cosa prevede il comma 29 del ddl di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma ammazzablog?
Il comma 29 estende l’istituto della rettifica, previsto dalla legge sulla stampa, a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”, e quindi potenzialmente a tutta la rete, fermo restando la necessità di chiarire meglio cosa si deve intendere per “sito” in sede di attuazione. 

Cosa è la rettifica? 
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere di questi media e bilanciare le posizioni in gioco, in quanto nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, questi potrebbero avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie. La rettifica, quindi, obbliga i responsabili dei giornali a pubblicare gratuitamente le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi. 

Quali sono i termini per la pubblicazione della rettifica, e quali le conseguenze in caso di non pubblicazione? 
La norma prevede che la rettifica vada pubblicata entro due giorni dalla richiesta (non dalla ricezione), e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni, non sono infatti previste esimenti per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi ad un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito. 

Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto? 
La rettifica prevista per i siti informatici è quella della legge sulla stampa, per la quale sono soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia “lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia, è quindi un criterio puramente soggettivo, ed è del tutto indifferente alla veridicità o meno della notizia pubblicata. 

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false? 
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri. 

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica? 
La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi sarà il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso. 

Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento (e contenuti similari) non dovrebbe essere soggetto a rettifica.
  
@valigia blu - riproduzione consigliata
Articolo completo QUI
 

Jang Senato in Concerto a Terracina

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Giovedì 30 giugno 2011 live@Rive Di Traiano - Terracina (LT)

Se questo è il tempo in cui si desidera stare nel sedile posteriore di un'auto con il finestrino abbassato per incassare vento a volontà sulla faccia mentre qualcun altro guida e ci porta in un posto lontano da casa, dall'inverno, dal lavoro. Ebbene, se voi siete quelli seduti dietro, dite al guidatore di alzare il volume quando, mentre solca qualche autostrada, infila il disco degli Jang Senato.

RESPIRARE by Jang Senato

Ma se poi invece, per lavoro o per vacanza, vi trovate a Terracina, allora meglio. Gli Jang Senato potete ascoltarli giovedì 30 giugno, alle Rive di Traiano, dove suoneranno dal vivo. Cosa aspettarsi? Un gran concerto, un collettivo di romagnoli il cui frontman (lo diciamo all'americana), Davide Gulmanelli, sfoggia una particolare "erre" moscia ma soprattutto un naturale talento a masticare poesia del quotidiano e melodie cristalline. Leggere, ironiche, mai banali.

Le garanzie. Ricordate Dente, nel 2009, a Terracina? Ecco, la raccomandazione è identica. Gli Jang Senato hanno un gran talento, vincono il Premio De André, il Premio Battisti, il Premio al Musicultura, e sanno di rivelazione un po' ovunque: Ondarock, al disco Lui ama me, lei ama te - 2011, dato alle stampe dall'etichetta Pippola Music (Brunori Sas, Beatrice Antolini, Dilaila), conferisce un bel "7", oltre agli osanna della recensione.

D'altronde, è pop, nella sua migliore accezione. Sono pezzi di esistenza loro, nostra e vostra che infilano la strada della melodia, del racconto. Quelle canzoni che ti aprono paesaggi, immagini, ricordi, perché sono facili e difficili a un tempo. Sono delle sciarade da interpretare. Aprite il finestrino, fateli entrare, non deluderanno.

Giovedì 30 giugno
Rive Di Traiano
Open door (pre concert) h 21,00
Ingresso gratuito

Myspace
Official Site
Pippola Music

Veronica Falls - Beachy Head

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Country: UK
Ep: Beachy Head (2011)
Genre: Lo-Fi/Pop
Video: Found Love in The Graveyard



Official site
Myspace

Dreamers Of The Ghetto

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Tutti i "ghetti" della musica americana in 8 tracce


"Siamo una band. I nostri sogni corrono senza controllo, il nostro viaggio è senza fine. Con una storia d'amore nel nostro cuore e il fuoco nelle nostre viscere che incitano amore e violenza negli ascoltatori. Siamo le sirene nelle vostre orecchie. Benvenuti nel nostro mondo".

Così si presenta quest'accolita di sognatori vecchio stampo, che autoproducono un album omonimo solcato da 8 tracce decisamente indifferenti alle sofisticate procedure richieste dal "passo coi tempi". I Dreamers Of The Ghetto mutuano il loro nome da un vecchio libro di fine Ottocento di Israel Zangwill, scrittore inglese che racconta l'importanza del ghetto ebraico per la sopravvivenza della cultura giudaista. 

Se qui si vuole dunque difendere qualcosa, allora ci pare che si tratti di un'ispirazione fuori dal comune, urgenza che si intaglia a tratti col il rock ruvido, a tratti con il soul corale, la black music e addirittura col gospel. E' l'America, insomma, la cui musica è un miscuglio di tanti "ghetti", che nonostante tutto restano vivi. 

Coraggiosi oltremodo dunque Jonathan Jones (chitarra, synth e beat, voce), Luke Jones (voce, basso, synth e beat), Lauren Jones (synth & beats, voce, MA SONO UNA FAMIGLIA?) e Marty Sprowles (tamburi, "tuoni e fulmini", si legge). Il loro "self-released" album sa far sognare usando la materia prima della musica: basso, batteri(e), chitarra, qualche synth. E di questi tempi è un pregio.


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